Ceralacca e cartapesta
A bocce ferme e pacchi sigillati, una riflessione un po’ inquietante sugli immancabili ottimi risultati dell’esame di Stato.

Ai primi del mese di luglio, nelle aule non climatizzate delle scuole italiane, arroventate da favolosi anticicloni, si ripete un rito immancabile. Sono pronti i «pacchi» con gli elaborati dei maturandi. Un giro di spago e un sigillo di ceralacca sull’involucro sanciscono un clima di rigore e di severa ufficialità.
Pressoché 87 anni fa un dittatore baffuto giungeva a Roma, in treno, in visita all’omologo, italianissimo capoccione. Lo accoglieva una stazione Ostiense desiderosa di competere coi fasti delle infrastrutture «come le fanno all’estero»: portici dalle linee futuristiche, possenti pilastri, immense vetrate luccicavano al sole. Peccato che tutto fosse stato costruito in fretta e furia coi tubi Innocenti e il cartongesso. Tecnicamente, una facciata di cartapesta.
Libera associazione mentale da miraggio estivo? Forse no, se si considera storicamente il lupo italico, uso a perdere il pelo ma inseparabile da abitudini ataviche. Se da tanti anni si evidenziano le carenze del sistema formativo peninsulare (scarso numero di diplomati e laureati, elevato «dropout» rispetto a mitologici obiettivi UE ed altri anglicismi di tal fatta), la soluzione è presto trovata. Facile, veloce, senza sforzo, come piace a noi: i diplomi per finta. L’esaminando afferma che Cavour è un francese? Le quattro operazioni evocano il dolore di una chirurgia invasiva d’altri tempi? Temi di 280 caratteri e irti di K che manco un tweet? Poco male, con scarse resistenze la commissione, ormai da anni fiaccata e intimidita da DS, linee guida (vuolsi così colà…), vociferazioni su tribunali amministrativi e tromboni d’ogni nota, certifica con sang-froid il felice, anzi felicissimo esito del percorso scolastico. E poi? La cartapesta si dissolverà con la prima pioggia, evidentemente, ma questo non è più problema che concerna gli istituti scolastici né gli onnipresenti ed onnipotenti «professionisti della formazione».
Due domande. Quale caporione ha comandato di imbastire nella scuola italiana questa immane stazione di cartapesta? E (quesito più pessimistico): quale futuro dittatore verrà accolto da questa macchina esclusivamente scenografica?
Questo articolo ci dice -tanto elegantemente quanto impietosamente- che a Scuola, la rappresentazione ha da tempo preso il posto della realtà o forse la vera realtà, quella che veramente conta, a Scuola, è proprio la rappresentazione. Che non si limita a descrivere un apprendimento e una formazione fittizi, ma ne propina una descrizione che diventa prioritaria. Questa descrizione burocratica, sempre più maniacalmente dettagliata, si distacca antagonisticamente dalla realtà educativa, creando una distanza incolmabile tra ciò che è e ciò che viene rappresentato. Come in un romanzo poliziesco, niente è come sembra.