E’ possibile divertirsi facendo una verifica?

In margine alla cronaca di una recente esperienza didattica

Il Bollettino della Società Filosofica Italiana ospita abitualmente, all’interno del suo sommario, una sezione dedicata alla didattica della filosofia, la quale non si limita ad enunciare tesi generali sull’insegnamento della disciplina, ma include la cronaca di esperienze didattiche tenutesi nei nostri licei. Tra le più recenti possiamo trovare quella della prof.ssa Maria Laura Marescalchi, che ci racconta il percorso tramite cui
ha messo a punto una tipologia di verifica alternativa alla ‘semplice’ restituzione scritta e/o orale dei contenuti trasmessi a lezione (cfr. Bollettino della Società Filosofica Italiana, nuova serie, n. 238, Gennaio/Aprile 2023, pp. 87-94). La docente scrive che, durante la dura esperienza del lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19, si è posta il problema di costruire prove di verifica che attenuassero il rischio di copiatura da parte dei suoi studenti, i quali, essendo a casa, avrebbero potuto avere facilmente accesso non solo ai rispettivi manuali, ma alla panoplia di contenuti reperibile su Internet. Per ovviare a questa eventualità, la professoressa Marescalchi ha proposto ai suoi allievi una serie di verifiche che essi non potessero affrontare mediante un approccio copia/incolla: per esempio, «Come si sarebbe svolto un dialogo sulla tolleranza tra Locke, Hobbes e Rousseau?» (p. 89); oppure «Se Rousseau avesse aperto una pagina Instagram, come sarebbe stata?» (p. 90). Nelle intenzioni dell’insegnante, si sarebbe trattato, quindi, di prove che avrebbero non solo escluso, o comunque ridotto, il rischio di copiatura da parte degli scolari, ma che avrebbero incoraggiato questi ultimi a creare contenuti originali sulla base delle conoscenze acquisite, percorrendo in modo costruttivo la tassonomia dell’apprendimento di Bloom, esplicitamente richiamata dalla docente come bussola ideale nella preparazione delle consegne (p. 93).
L’introduzione di questa inedita modalità di lavoro sembra avere suscitato un’ottima accoglienza da parte delle classi interessate, le quali, sia pure nella fisiologica varietà qualitativa degli approcci impiegati, hanno prodotto in genere lavori che denotavano conoscenza del lessico specifico della disciplina e applicazione operativa dello stesso. Preso atto della lodevole inventiva della prof.ssa Marescalchi, ci si può chiedere se la sua verifica ‘2.0’ possa essere effettivamente proficua e, quindi, raccomandata ai
colleghi. La risposta, probabilmente, è che dipende dalle classi a cui viene somministrata e dal grado di autonomia che ognuna di esse riesce ad esprimere nello studio. Certamente, una verifica del genere sembrerebbe più adatta a classi di livello medio/alto, mentre rischierebbe di essere controproducente in classi che abbiano un approccio prevalentemente replicativo al lavoro intellettuale. In oltre, molta parte
della riuscita di una verifica simile dipende dagli argomenti che prende in esame. La docente stessa scrive che, esauritosi il lockdown, impiega questo tipo di prova non più di una volta all’anno e in genere per approfondire temi di raccordo, sui quali ha bisogno di raccogliere molte valutazioni in poco tempo (p. 92). Ma, oltre alle questioni particolari, sarebbe opportuno riflettere sulle implicazioni cognitive più generali comportate da una verifica basata, in ultima analisi, sulla gamification. (Il titolo scelto dalla prof.ssa Marescalchi per il suo contributo è sibillino: E se per una volta ci divertissimo a fare una verifica?)
L’introduzione della quale in ambito didattico, per quanto possa apparire agli allievi inconsueta e stimolante, può rischiare di ridurre anche il lavoro a un gioco di ruolo, con le conseguenti, deleterie confusioni concettuali. Non disponendo di sufficienti informazioni per esprimerci con cognizione di causa, è meglio evitare elucubrazioni. Certamente, lo sforzo creativo della docente merita di essere apprezzato e le ricadute educazionali della sua proposta ulteriormente approfondite, anche perché essa
potrebbe essere impiegata nelle prossime eventuali occasioni di didattica a distanza, con le quali in futuro potremmo sempre più spesso trovarci a convivere.

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