I bambini sono maleducati? È il mondo che deve cambiare!
C’è un cosa davvero incoraggiante, quando si affronta il modo di pensare di Daniele Novara: è schietto e coerente, ed a qualsiasi cosa si applichi, non manca di farci capire la sua visione del mondo, che pare impermeabile al principio di realtà

In una recente intervista rilasciata al Corriere di Bologna, che potete leggere qui, il noto pedagogista Daniele Novara si è pronunciato sul fatto che, sempre più spesso, nei ristoranti i bambini finiscono col recare disturbo agli altri clienti e a chi lavora, poiché i genitori non li contengono, e li lasciano scorrazzare selvaggiamente.
Credo di non essere il solo ad avere fatto esperienza di questa realtà fattuale: putti e puttoni sudaticci ed unti, col vestitino della domenica scomposto, gli occhietti roteanti e l’espressione stravolta dal caldo, dall’eccitazione, che, per l’intera durata del desinare festivo percorrono avanti e indietro gli spazi tra i tavoli: senza alcuno scopo razionale, stringono in una mano un’orrenda miniatura d’unicorno bianco, oppure una fetta di salame, una tibia di pollo appiccicosa, berciano frasi sconnesse che si aggiungono allo strepito montante degli avventori avvinazzati, dei brillantoni seduti a capotavola che arringano i commensali satolli, ormai allo stremo delle forze… Ho sempre tollerato con filosofia queste situazioni da spiaggia, sebbene non di rado abbia inviato insulti telepatici ai genitori dei piccoli rompicoglioni. Non posso perciò biasimare i ristoratori comprensibilmente esasperati da queste fastidiose dinamiche, specie se costretti a lavorare (come spesso accade nelle grandi città) in locali angusti, dove la clientela è numerosa e accalcata, e c’è davvero poco agio per il servizio ai tavoli.
Un esercente bolognese titolare di una famosa osteria afferma: «la scelta [di sconsigliare l’ingresso ai minori di 18 anni, nota mia] è dettata dalla crescente maleducazione delle famiglie» che, a sua detta non sarebbero in grado di controllare i figli. «Le ragioni sono più logistiche che commerciali: lo spazio è questo, la gente è tanta. La presenza dei più piccoli può davvero creare problemi».
Ebbene l’analisi del problema da parte di Novara è coerente con quel che già sappiamo, e si configura come perfetta metafora della scuola così come lui la pretende.
Egli si schiera dalla parte dei genitori e invita tutti a snobbare i locali che, per affrontare il problema, «parlano alla pancia rancorosa» dei clienti; i bambini possono stare nei locali pubblici e devono essere «accolti adeguatamente» (con un angolo ludico, con tavoli, pastelli, fogli, giochi in scatola etc.); «i genitori hanno tutto il diritto di uscire con i propri figli e di aspettarsi che i locali dove si mangia siano attrezzati anche per la loro presenza».
Quando gli viene chiesto che cosa risponda a chi dice che i genitori di oggi non sono in grado di controllare i propri figli, Novara fa un salto carpiato e poi una giravolta per evitare di rispondere nel merito, e replica solo: «ci dimentichiamo dell’isolamento che subiscono i genitori».
Tutto qui. Non c’è null’altro nel profondo pensiero di Novara, tanto profondo da essere buio ed umido come una cantina: i bambini hanno comportamenti inadeguati al contesto (alla scuola, alla sala d’aspetto, al ristorante)? Bene, deve cambiare l’ambiente, deve cambiare il contesto, deve cambiare l’accoglienza. I bambini hanno diritto! I genitori hanno diritto! Non importa che il mondo – mentre aspettiamo che quei diritti possano essere riconosciuti – sia popolato anche da commercianti, insegnanti ed altri bambini che – nel frattempo – devono subire il ricatto dei coetanei fuori controllo. No. La soluzione di Novara è davvero semplice: è ora che cambi il mondo. I ristoratori devono pensare in un altro modo. I ristoranti devono essere a misura di bambino. La scuola deve accogliere. Tutti devono cambiare, tranne i bambini. Non c’è altro da aggiungere. E se il mondo non si adegua ai bambini? Allora si prepari a sopportarne la barbarie: e non sia mai che qualcuno osi chiedere che i bambini imparino la buona educazione…
È la solita riproposizione del più ammuffito puerocentrismo, che attribuisce all’educando (che in realtà sarebbe colui che dev’essere educato) la naturale attitudine a fare da sé ciò che più gli è utile ad imparare, e che affida all’ambiente (e quindi all’educatore, che si ritrova a svolgere il ruolo di facilitatore, arredatore e curatore di una vera e propria messa in scena) la funzione di stimolo ed occasione d’apprendimento. Insomma, è il solito spontaneismo che, se preso ovunque per buono, ci condurrebbe ai tempi delle caverne in un paio di generazioni.
[Post scriptum: non ho nulla in contrario a mettere in atto, nei limiti del possibile, tutto ciò che serve a rendere meno difficile la vita dei bambini e dei loro genitori; tuttavia la vita resta difficile, ed è una pura pazzia pensare che questa difficoltà dipenda per intero dalle nostre mancanze. Questa è una ragione sufficiente a rendere indispensabile un’idea forte di educazione, che renda l’individuo capace anziché capriccioso. Esistono già, almeno nella mia città, esercizi commerciali con uno spazio dedicato ai bambini. Ci insegna forse qualcosa il fatto che quei ristoranti, quei bar sono un vero inferno percettivo dove pochi piccoli despoti spadroneggiano regolarmente anche sui coetanei più indifesi? Davvero è il mondo che deve sempre adeguarsi alla furia dei bambini, o piuttosto sono i bambini che devono talvolta abituarsi al mondo ed ai bisogni di chi lo abita da prima di loro?]