La genialità dei DSA

“Se lo aiuta nel modo giusto scopre facilmente che è un bravissimo studente, di una intelligenza straordinaria”, ci suggeriscono molti genitori. Ma è sempre vero?


Non esistono studi accademici che supportino l’idea, invero mammesca, che gli individui affetti da disturbi specifici di apprendimento possiedano un quoziente intellettivo medio più alto del normale (cfr. Shaywitz, Cornoldi, Fletcher). A questa sopportabile verità si arriva anche per via logica: se è vero come è vero (e come ci viene sempre ripetuto dai rumorosi sostenitori della causa dell’inclusione quale ragione-di-vita-o-di-morte) che il loro disturbo è specifico, ovvero è circoscritto ad un distretto molto limitato delle facoltà intellettive, bene, allora non si capisce affatto perché quel disturbo dovrebbe sempre associarsi ad un qualche tipo di genialità.

Orsù, io so per certo che gli avvocati in servizio permanente per la causa degli scolari e degli studenti con dsa, sovente incarnati dagli stessi bellicosi familiari in lotta col mondo per l’improvvido destino che è loro toccato, provano spesso, nelle furenti discussioni da bar in cui trasformano ogni confronto ragionato, a far passare un messaggio che merita la nostra attenzione: i loro ragazzi nascondono (dietro una cortina di difficoltà scolastiche perlopiù causate dall’insipienza dei docenti) un’intelligenza e una creatività superiori alla norma. La loro intelligenza attenderebbe solo d’essere fatta emergere, slatentizzata e valorizzata: “se solo voi insegnanti studiaste le diagnosi, le neuroscienze, le tecniche, i metodi, la didattica speciale, allora vedreste quanto etc. etc.”

Di questa sciocca credenza sono dimostrazione le innumerevoli ed improbabili citazioni dei grandi inventori, matematici, scienziati ed artisti della storia dell’umanità: i quali sarebbero tutti più o meno stati colpiti da questi benèfici disturbi d’apprendimento, troppo a lungo disconosciuti ed ora finalmente noti – grazie alla scienza (?) – nella loro taumaturgica valenza neurobiologica. Ho davvero voglia di ribellarmi a questo modo di pensare decettivo, frivolo, superficiale e privo di logica, che porta a conclusioni demenziali, danneggia la giustizia nella scuola e conduce ineluttabilmente all’abbassamento dei livelli d’apprendimento: per tutti.
Procederò e finirò per punti.

1) Non tutte le persone con dsa sono ugualmente intelligenti, proprio come non lo sono tutte quelle prive di dsa;

2) possono dunque esserci persone affette da dsa e scarse di comprendonio, poco inclini allo studio, o addirittura ritardate in modo grave dal punto di vista cognitivo: proprio come accade all’interno dell’astratta massa di coloro che non hanno un dsa;

3) analoghe considerazioni possono essere estese a virtù personali quali la laboriosità, la curiosità intellettuale, la costanza, l’autonomia e il metodo, l’onestà e l’affidabilità;

4) ne consegue che i limiti cognitivi, l’inattitudine e i vizi come la pigrizia, il disinteresse, l’incostanza, la dipendenza, la disonestà e l’inaffidabilità affliggono con la medesima frequenza tanto gli studenti senza dsa quanto quelli con dsa (benché sia senza dubbio ragionevole pensare che un disturbo d’apprendimento complichi le cose, proprio come fanno mille altre cause materiali e spirituali che segnano la vita di ciascuno di noi).

5) Quando i limiti, le inattitudini e i vizi personali sopra menzionati colpiscono gli studenti con dsa, non richiedono trattamenti speciali, cioè diversi da quelli pur importantissimi messi in campo per gli altri studenti: infatti quei limiti, quelle inattitudini e quei vizi possono ben dipendere dall’avarizia di madre natura, o da una storia personale sfavorevole, o da una inopinata configurazione morale, senza che il disturbo specifico abbia alcuna parte in causa. Per tale ragione vanno trattati come in ogni altro caso;

6) chiunque neghi i possibili limiti d’intelligenza, le inattitudini, i vizi morali degli studenti con dsa chiamando in causa il modo in cui i loro disturbi vengono trattati cade in una banale forma di riduzionismo. È infatti riduzionismo l’etichettare, il ridurre il carattere proprio di una persona, e dunque la sua stessa natura e la sua stessa libertà, ad una sua particolarità funzionale. Ed è un errore con enormi ricadute educative poiché impedisce di vedere, comprendere e giudicare l’educando nel suo insieme, sollevandolo dalla responsabilità di disporsi al miglioramento grazie all’alibi di una difficoltà specifica (peraltro non pervasiva).

7) Gli insegnanti possono e devono sempre prestare attenzione ai dsa, cercando soluzioni didattiche efficaci. Tuttavia non devono garantire assolutamente nulla in termini di successo agli scolari che ne soffrono, proprio come non devono farlo in assenza di disturbi: il successo infatti poggia sul prodotto tridimensionale delle capacità, della volontà e delle virtù di ciascun allievo, indistintamente; e non sul prodotto mono-dimensionale dell’azione didattica, la quale svolge sempre una funzione importante ma largamente insufficiente a determinare il buon esito.

8) Le famiglie facili al contenzioso non accettano che le difficoltà, le condotte e il profitto scolastico dei figli con un dsa vengano giudicati al di là della loro peculiarità, e così facendo infliggono loro un enorme danno: non solo mancano d’accettarne i possibili limiti (strutturali e transitori), ma soprattutto ne disconoscono l’autonomia morale. È così che si garantiscono di allevare figli irresponsabili, adusi ad accusare il mondo per tutte le proprie mancanze, congenite e non;

9) tutto ciò implica che uno studente con dsa possa ricevere un’insufficienza, e possa essere rimandato o bocciato secondo giustizia quand’anche sia stato fatto tutto il necessario per ridurre gli effetti del suo disturbo.

10) Non mi risulta l’esistenza di statistiche granulari che mettano in relazione i tassi di successo scolastico e le diagnosi di disturbo specifico d’apprendimento. Ma siamo sicuri che i bambini e i ragazzi con certificazione di dsa siano rimandati o bocciati con la stessa frequenza di tutti gli altri? A me non pare proprio. Da quindici anni essi mi paiono super-tutelati in sede di valutazione.

Forse, ripetendolo di continuo, gli avvocati in servizio permanente per la causa dei ragazzi con dsa ci stanno davvero convincendo che sono tutti dei geni, contro l’evidenza e l’esperienza, le quali – fin dalla notte dei tempi – ci mettono in guardia contro la trasversale moltitudine degli inetti, degli incapaci, dei cretini, dei lazzaroni e dei furbacchioni, proprio perché essi hanno sempre gran parte nella storia dell’umanità. Proprio per questa evidenza e per questa esperienza, cari educatori, non dovremmo cascare nei nuovi luoghi comuni, evitando di far del male a un gran numero di giovani delle nostre classi poiché qualcuno ci ha convinti che le loro difficoltà dipendono per intero dai nostri metodi.

Non c’è dinamica educativa più deprecabile.

Un commento

  1. Analisi lucida e ben argomentata. Vorrei aggiungere soltanto una considerazione a corollario. Mentre un tempo lo studente, a vario titolo svantaggiato rispetto ai compagni di classe, cercava di supplire al suo svantaggio raddoppiando l’impegno (e così facendo si ritagliava anche un ruolo di risorsa nel gruppo dei pari), con il passare del tempo la situazione si è sostanzialmente rovesciata. Lo ricaviamo, oltre che dall’esperienza, molto bene anche da questo articolo, come pure da un precedente saggio del Gessetto, intitolato “L’inclusione che esclude – DSA: in risposta a Galiano”.

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