Replica al parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione in merito alle Nuove Indicazioni Nazionali

Il Consiglio superiore della pubblica istruzione sta ancora dalla parte della scuola pubblica, assolvendo il suo compito istituzionale di elaborazione di pareri per il bene della scuola in una legittima dialettica di opinioni, o adesso persegue finalità diverse che sono incompatibili con la presenza nella scuola di veri docenti?


Replica de Il Gessetto
al parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione del 27/6/2025
in merito alle Nuove Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo

Il parere del CSPI configura un attacco frontale alla professione docente, e per ciò stesso alla scuola italiana. Non ci potrebbe essere contraddizione più forte con lo spirito che anima, pur tra contraddizioni e incertezze, le Nuove Indicazioni Nazionali.

Il Consiglio infatti ha preso di mira, nel testo, determinati punti con l’intento non semplicemente di restringere ancora l’autonomia professionale dei docenti, ma di ridurre al minimo il ruolo e la funzione dei docenti nella scuola.

La scuola che il CSPI chiede è una scuola dove i docenti siano devitalizzati e marginalizzati e i contenuti disciplinari siano sviliti e negletti. Il CSPI disegna di fatto una non-scuola, assorbita nei ranghi di svariati enti e agenzie di una distopica ‘comunità educativa totale’ nella quale bambini e ragazzi, finalmente liberi dal “controllo pedagogico” (così scrive) dei docenti, dovrebbero figurare come soggetti e oggetti, autori e interpreti della propria formazione: ma in realtà sarebbero deprivati dell’istruzione cui hanno diritto e che le generazioni precedenti hanno ricevuto.

Ciò avviene in coda ad almeno due decenni di riforme che, spacciandole per nuove, hanno imposto alla scuola italiana vecchie teorie pedagogiche pseudoprogressiste, già clamorosamente fallite oltreoceano, che hanno costantemente ridotto gli apprendimenti e i risultati del sistema.

Di seguito i punti principali sui quali i docenti del gruppo Il Gessetto replicano alle affermazioni e richieste del CSPI.

A pag. 2 il CSPI chiede di “dedicare un paragrafo nella premessa alla chiara definizione di obiettivi, conoscenze, abilità e competenze. Da anni nella scuola si dibatte su tali termini. Sarebbe opportuno fugare finalmente dubbi e interpretazioni per la costruzione di curricoli d’istituto basati sugli obiettivi, oggetto di valutazione da parte dei docenti”.

La richiesta lascia allibiti. Sono molti anni che i docenti italiani denunciano l’imposizione, in tutti i documenti e contesti scolastici (compresi i corsi abilitanti e i concorsi per la docenza), di questa superfetazione lessicale ambigua, superflua e inutile, funzionale in realtà solo a ridurre lo spazio e l’importanza delle conoscenze. Ora il CSPI riconosce che essa ha solo creato confusione, ma si ostina a reclamarne l’imposizione pretendendo che il ministero ne fornisca ai docenti una interpretazione autentica.

A pag. 3 il CSPI chiede che sia dato maggiore risalto al concetto di comunità educativa, concetto che vuole inteso nel modo seguente: “Non si tratta solo di studenti, insegnanti e genitori, ma di un sistema interconnesso che comprende istituzioni, associazioni, aziende, enti locali e l’intera cittadinanza. Tutti, in un modo o nell’altro, contribuiscono al processo di crescita e formazione degli individui”.

No: nelle Indicazioni nazionali per la scuola la comunità che educa deve essere quella della scuola. Che la vita umana in società sia complessa, e che l’individuo vi riceva molteplici stimoli, anche educativi (e diseducativi), questo è ovvio: ma la scuola ha uno status suo proprio e alla comunità educativa della scuola deve essere riconosciuta nei confronti dei bambini e dei ragazzi indipendenza piena e, fatta salva la famiglia, preminenza assoluta sulle altre istituzioni, associazioni ed enti (per non parlare delle aziende che non si vede come possano figurare nell’elenco).

A pag. 3 il CSPI chiede di sostituire, nel paragrafo “Scuole e famiglie in un nuovo patto di alleanza”, la frase «La scuola è la sede principale per la trasmissione di conoscenze» con «La scuola è la sede principale per la co-costruzione degli apprendimenti»

L’attacco alle conoscenze, e con esso ai docenti che hanno il compito di possederle per insegnarle, è frontale. La crisi di risultati e infine di identità che affligge la scuola italiana dipende in buona parte proprio dall’attacco che hanno subito le conoscenze e le discipline, messe sul banco degli imputati, sbiadite, erose, vilipese a favore di metodi, tecniche, processi formali vuoti di contenuto. Con ciò si è sottratta la farina al pane, la legna al fuoco, senza ottenere nessuno dei risultati promessi (maggiore interesse degli alunni, maggiore sviluppo di competenze, diminuzione dei divari sociali ecc.), al contrario tutti gli indicatori sono peggiorati come era facilmente predicibile e come era stato predetto.

A pag. 3 il CSPI osserva che “la declinazione delle conoscenze rinvia alla logica del programma. Un eventuale utilizzo pedissequo delle conoscenze può stridere con l’autonomia scolastica”.

Le conoscenze di base, soprattutto nella scuola dell’infanzia e del primo ciclo, non possono essere lasciate alla libera determinazione del singolo istituto scolastico di uno Stato di quasi 60 milioni di abitanti: l’autonomia scolastica così intesa sarebbe un idolo da servire, non uno strumento al servizio dell’istruzione pubblica. Uno Stato civile e democratico ha bisogno, per vivere e per progredire, di un popolo che in tutto il suo territorio condivida un corpus di conoscenze di base; e lo stesso bisogno di un corpus condiviso di conoscenze di base ha il singolo bambino e ragazzo, per poter sviluppare alla pari con gli altri i suoi talenti a prescindere dalle condizioni sociali, culturali ed economiche del contesto familiare.

A pag. 4 il CSPI rileva polemicamente che nelle Indicazioni l’intelligenza artificiale “è intesa come eventuale supporto alla didattica tradizionale, più che come opportunità per trasformare il processo educativo, forse per il timore della perdita del controllo pedagogico da parte dei docenti.”

L’affermazione, non concepibile razionalmente (se non come parto di una intelligenza artificiale che voglia asservire il genere umano), denota solo ostilità verso i docenti e volontà di esautorarli. Questi sono implicitamente descritti come individui abbietti che tengono asserviti i loro studenti e per questo motivo sono ostili all’intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale, questo è l’assunto, consentirebbe finalmente agli studenti di svincolarsi, di emanciparsi dal “controllo pedagogico” dei loro docenti.

A pag. 4 il CSPI chiede di “rimodulare la figura del docente nel paragrafo “Insegnante professionista e Magister”. Nel testo l’autorevolezza del “Magister” appare dovuta a priori, che non deve essere conquistata, che nasce dal suo ruolo. In questo senso emerge la scuola dell’insegnamento, a scapito della scuola dell’apprendimento. Nel testo l’accento sembra essere posto solo su uno dei due poli della relazione docente-discente. Sarebbe opportuno, a tal proposito, dedicare un paragrafo sul ruolo del bambino/ragazzo che costruisce responsabilmente l’apprendimento con la guida del docente che assume il ruolo di regista”.

Di nuovo ostilità verso i docenti profusa in affermazioni di puro nonsenso (l’insegnamento va a scapito dell’apprendimento) e di infantile lusinga dell’infanzia (il bambino/ragazzo impara da sé, il docente è solo un regista).

A pag. 5 “in merito alle discipline, il CSPI evidenzia che in alcune di esse le competenze, gli obiettivi e le conoscenze contengono considerazioni sovrabbondanti rispetto allo scopo. Solo a titolo esemplificativo nella disciplina “Italiano”, tra le competenze attese al termine della classe quinta vi è «abituarsi ad essere precisi: la naturale creatività è un’attitudine da difendere e coltivare, ma è bene che, quando un testo diventa ‘pubblico’, cioè quando viene condiviso con l’insegnante e i compagni, aderisca a certe elementari norme formali (grafia comprensibile, chiara strutturazione del testo, rispetto dei margini, ecc.), delle quali è necessario appropriarsi sin dai primi anni dell’istruzione», con aspetti, appunto, sovrabbondanti rispetto allo scopo”.

L’avversione per le conoscenze e i contenuti si spinge al ridicolo di contestare come “sovrabbondante rispetto allo scopo” della precisione l’indicazione di grafia comprensibile, chiara strutturazione del testo e rispetto dei margini. Evidentemente le competenze devono, secondo il CSPI, essere preservate in una loro metafisica purezza formale che verrebbe corrotta da qualsiasi aspetto contenutistico e sostanziale, anche dal più ragionevole e più necessario.

A pag. 5 il CSPI rimarca “che la disciplina “Italiano” è suddivisa in due sotto-discipline: lingua e letteratura. Questa suddivisione focalizza l’attenzione sulla scrittura e sulla lettura, rischiando di limitare l’oralità e la comunicazione, anche digitale”.

Ancora avversione per i contenuti sostanziali e tradizionali e nient’altro, laddove è ovvio che la lingua comprende anche l’oralità, non solo la scrittura, e che la lingua scritta comprende qualsiasi tipo di comunicazione verbale, cartacea o digitale che sia.

Il Consiglio superiore della pubblica istruzione sta ancora dalla parte della scuola pubblica, assolvendo il suo compito istituzionale di elaborazione di pareri per il bene della scuola in una legittima dialettica di opinioni, o adesso persegue finalità diverse che sono incompatibili con la presenza nella scuola di veri docenti?

3 luglio 2025

i docenti de Il Gessetto

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