Facili previsioni

L’Italia non è un paese sempre capace di organizzazione impeccabile; e le scuole non fanno eccezione. Inoltre la tecnologia è fragile e presto obsolescente: perché dunque metterci interamente nelle sue mani?

Sono favorevole all’utilizzo critico e strumentale della tecnologia nella scuola; sono cioè favorevole all’impiego pensato di tutti quegli ausili (video, lavagne interattive, lettori audio-video, etc.) che facilitino la presentazione di documenti, immagini, registrazioni e testi con cui gli insegnanti e gli allievi hanno a che fare durante le lezioni.

Ma le lezioni non sono sempre e solo una successione di presentazioni di documenti ed immagini. Talora le lezioni sono mirabili storie da ascoltare, pensare e discutere; talaltra ruotano attorno a singole parole, a simboli, a segni che l’insegnante verga sulla lavagna solo per fissare ciò che dice, per dare schiarimenti, per fare precisazioni terminologiche e stabilire nessi logici: la scuola infatti si dovrebbe prefiggere di sviluppare anche il pensiero astratto da ogni immagine sensibile.

Ci sono poi discipline come la matematica, la fisica o la chimica per le quali una parte importante della lezione è fatta di esercitazioni alla lavagna: equazioni, reazioni, formule, funzioni, grafici, coniche e traiettorie… in questi casi la lezione non trae solamente un vago beneficio dalla presenza di un piano su cui scrivere, sia esso in pietra di Lavagna oppure digitale: in questi casi la lezione si basa sulla possibilità di illustrare visivamente agli allievi ciò che è molto difficile raccontare con le parole, o con le immagini preparate da altri.

Bene. Grazie a un’ingente quantità di denaro destinato alla cosiddetta innovazione didattica in molte delle nostre scuole sono state gettate nella spazzatura (letteralmente) le ultime lavagne in ardesia che non avevano già ceduto il posto alle orrende lavagne in plastica o alle l.i.m. (lavagne elettroniche multimediali). Bisognava fare spazio (date le dimensioni non sempre vaste delle aule) ai monumentali smart monitor, magari dopo aver rottamato anche i semplici monitor e i televisori appesi e incastonati qui e là, come nelle sale d’aspetto delle stazioni: essi non sono che gli spregevoli progenitori del nuovo, ormai privi di ogni appeal.

Il costo medio di uno smart monitor supera i duemila euro. Il suo ciclo di funzionamento è di circa 7 anni: a meno che non si verifichi un guasto. Non è difficile, in tal caso, prevedere cosa dovrà fare la scuola per racimolare il denaro necessario a risolvere il problema: sempre che sia possibile, perché dubito che l’Italia pulluli di tecnici celeri e capaci di riparare apparecchiature di questo tipo. La grande rivoluzione nuovista nel mondo dell’istruzione produce lo strano effetto di sfornare giovani lavoratori molto esperti nell’utilizzo della tecnologia, ma poco inclini a conoscerne davvero il funzionamento.

Non è difficile prevedere neppure quello che, nell’eventualità di guasti o blackout, dovrà fare un insegnante normale: gesticolare molto, oppure trovare superfici verticali su cui scrivere… forse abbellirà con le matite colorate le pareti disadorne della vecchia aula: così come fecero i nostri antenati che, dominando i pigmenti minerali, resero celebri le grotte di Altamira o di Lascaux.

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