La nuova frontiera del pedagogismo: l’istruzione dello… scoutismo emotivo.

Daniele Novara è una vera fucina di concetti ed immagini pedagogiche accattivanti quanto decettivi.

L’idea di scuola come campeggio emozionale, nel quale si costruisce il gruppo-classe tra marshmallow e abbracci mutualistici, in un auspicato viaggio/gita di inizio anno scolastico, che si legge in un recente post di Daniele Novara su Facebook, è l’ennesima cartolina pedagogica da salotto. La realtà dei fatti, ahinoi! è un’altra: la scuola non è un campo estivo, bensì un luogo di formazione, di sforzo, di crescita intellettuale. E no, non si apprende “per osmosi affettiva” (sic🥲).

Come ricorda il grande Gert Biesta, “l’insegnamento è un atto deliberato, non una conseguenza accidentale della socializzazione”. L’apprendimento vero nasce dal confronto con il sapere, non dal campeggio. E se proprio costui vuol citare il Nord Europa, sappia che lì le scuole sono rigorose, selettive e valutano eccome. Altro che gite iniziali!

Consigliamo a Novara una lettura di Umberto Galimberti, che parla di “analfabetismo emotivo” quando si confonde la scuola con il laboratorio delle emozioni. O di Massimo Recalcati, che difende il ruolo dell’insegnante come guida, non come animatore. Ernesto Galli della Loggia lo dice chiaramente: “La scuola italiana è crollata sotto il peso delle pedagogie ‘buoniste’ e delle riforme senza cultura.”

Ed ancora, Paola Mastrocola, che con lucidità denuncia il disastro educativo causato da chi ha trasformato l’insegnante in un “psicologo, animatore, mediatore, motivatore, facilitatore”— tutto fuorché trasmettitore di sapere. Come scrive: “Se hai studiato matematica, non chiederti di fare lo psicologo. Chiedere all’insegnante di fare tutto vuol dire che siamo una società che ha perso fiducia nel valore della cultura”¹.

La Mastrocola ci ricorda che la scuola deve istruire, non rendere sereni, e che il sapere non si costruisce in cerchio, ma si trasmette, si esige, si conquista. Altro che “substrati neurocognitivi”: qui servono libri, studio, disciplina e valutazione. Insomma, caro Novara, non est ars sine disciplina.

La scuola non è un abbraccio collettivo, bensì un luogo dove si insegna, si apprende e si valuta. E chi lo nega, contribuisce al disastro educativo che stiamo vivendo.

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[1] L’articolo di Paola Mastrocola: “Un insegnante non è onnipotente, non è capace di far tutto… ” è disponibile qui.

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