Un ex-studente con spirito critico

La paura di sbagliare rappresenta il primo vero grande sbaglio. Un errore commesso proprio da quegli insegnanti che hanno il terrore di errare e cercando certezze laddove non ce ne sono, trasformando le proprie conoscenze nella propria personale religione a cui gli studenti devono sottomettersi.

Ecco la seconda memoria dal sottoscuola che ho deciso di rendere pubblica. Si tratta di una lettera che, al contrario della maggior parte dei testi chiusi in questo scantinato, si è conservata piuttosto bene. L’autore non si è firmato ma, dal titolo di questa lettera indirizzata a chissà chi, si evince essere un ex-studente. Un ex-studente con il dente avvelenato nei confronti dei cattivi insegnanti incontrati lungo il proprio percorso scolastico che, a quanto pare, non gli deve di certo aver lasciato un gran bel ricordo. Ecco le esatte parole presenti in questa lettera:

La scuola secondo un ex-studente 

Ho l’impressione che a scuola sia piuttosto diffuso, non solo tra gli studenti, ma anche tra i cattivi insegnanti, un certo terrore nei confronti dell’errore. L’errore, infatti, è spesso vissuto alla stregua di un peccato di cui colpevolmente ci si macchia e da cui ci si può liberare soltanto attraverso un percorso di espiazione che prevede la richiesta del perdono da parte dello studente/peccatore che deve promettere di non errare mai più per finire col ritrovarsi bloccato nella prigione del proprio paralizzante perfezionismo.

Quando si incontrano questi cattivi insegnanti, insomma, le scuole diventano simili a delle chiese: in entrambi i casi infatti, mentre si trasmette e si alimenta un senso di colpa, di vergogna e di inadeguatezza i seguaci vanno indottrinati con la verità assoluta di cui gli insegnanti credono di essere gli indiscussi detentori.

In questi casi, dunque, a scuola si tende a fare catechismo, non solo nell’ora di religione, ma in quasi tutte le ore: si insegna, infatti, più a credere, che a pensare; si insegna più ad avere un rapporto religioso, che critico, con il sapere. E questo accade perché pensare è un processo di natura probabilistica, in cui i dubbi sono molti di più delle certezze; un processo in cui i rischi di sbagliare e di non arrivare a nulla sono sempre dietro l’angolo; un processo, ancora, in cui capita facilmente di provare vertigini e di rimanere, per qualche attimo, senza fiato.

Ma si sa: gli esseri umani tendono a preferire la certezza all’incertezza, la religione alla filosofia, la credenza al pensiero. E così molto spesso, i cattivi insegnanti, senza nemmeno rendersene conto, si manifestano per quello che sono, ovvero preti mancati, predicatori falliti e finti profeti; e dal pulpito della propria cattedra si trovano a dispensare verità che vanno ingoiate, digerite e assimilate nel minor tempo possibile: d’altronde non è questo che fanno i bravi studenti? Ovvero inghiottire più nozioni possibile evitando l’indigestione?

Monologhisti nemici delle domande. Monologhisti nemici del dialogo. Monologhisti autoreferenziali e narcisisti che tradiscono una grande insicurezza in sé stessi e una grande paura del confronto con l’altro. Monologhisti che si nascondono dietro a trincee di parole volte a nascondere la loro stessa ignoranza e la loro stessa inettitudine.

E tutto ciò non può che allontanare dalla conoscenza perché in questo modo gli studenti sono spinti a confondere l’apprendimento con il noioso, sterile e quotidiano indottrinamento da parte di egocentrici, arroganti e ipocriti eruditi.

E così, in molti casi, questi insegnanti si rivelano essere degli impostori di un sapere apparente a cui essi stessi si rapportano religiosamente manifestando una fede irrazionale che difficilmente riescono a mettere in discussione.

Insegnanti che nella maggior parte dei casi non sono altro che ex-studenti traumatizzati che non fanno altro che trasmettere il loro trauma alle nuove generazioni garantendo così la continuità di quel finto sapere su cui si basa la nostra cultura e di quel vero disagio psichico su cui si fonda la nostra buona educazione.

Il testo che hai appena letto è tratto dall’archivio immaginario di una scuola invisibile ma ricca di storie interessanti.

Tutto cominciò così: “La genesi delle Memorie dal sottoscuola”

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