Includere via cavo?

La tecnologia offre soluzioni eccezionali: ma non per tutti i problemi dell’essere umano.


Può valere la pena, quando riusciamo a vincere lo scoraggiamento e la rabbia, sbattere in faccia ai novatori senza tregua, che si percepiscono spesso anche come zelanti promotori della scuola accogliente, inclusiva, riformata, tecnologica, aperta, le enormi contraddizioni di cui si macchiano senza nemmeno rendersene conto. Sono contraddizioni non da poco che, a ben guardare, fan trapelare la fragilità delle loro premesse ideali.

Come pensano, dunque, questi novatori? Da una parte tifano per l’impiego delle macchine, dei terminali, dei video, dei computer, dei tablet, dei visori, della robotica, cioè tifano per qualcosa che è quanto di più individuale e solitario si trovi in un’aula scolastica; dall’altra tifano (abusando di una parola che ha certamente una parte molto buona) per l’inclusione, per l’integrazione, per l’accoglienza degli studenti con disabilità, dei fragili.

Di queste parole si riempiono la bocca per bene, fino a soffocare.

Succede però che gli studenti con disabilità molto spesso, mancando di piena autonomia, non abbiano una vera vita sociale fuori dalla scuola. Per loro la scuola è un’occasione più unica che rara di socializzazione ed apprendimento tramite la vita di relazione: il che, sovente, significa poter guardare in viso, sorridere, avvicinare, toccare ed abbracciare i compagni, le compagne e gli insegnanti senza l’assurda mediazione di dispositivi tecnologici di cui solo alcuni, in casi specifici, avvertono la mancanza.

Orbene, e noi, a sentire i novatori, che cosa dovremmo fare? Il mantra è chiaro: mettere tutti davanti ai monitor non appena sia possibile; ricorrere ai visori o alle videocamere; rendere più efficace la didattica impiegando tutti gli strumenti che liberino gli allievi dal fardello della vituperata relazione con l’insegnante…

Così ognuno sta solo sul cuor della terra. Connesso, e isolato dagli altri.

A nessuno viene il dubbio che la relazione tra le persone (che passa dalla parola pronunciata, dagli sguardi, dal tono della voce, dai gesti e, perché no, anche dalle pacche sulle spalle o dagli abbracci) sia davvero il cuore della scuola da proteggere ad ogni costo, a beneficio di tutti, e proprio a partire dagli individui fragili che si pretenderebbe di aiutare con l’innovazione?

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