STOP alla scuola-progettificio dei PON e dei PNRR, tutti i soldi per una scuola che sia davvero di cultura e conoscenza!

Appello per difendere e rilanciare la professione insegnante e il futuro dei giovani

Scarica, diffondi, sottoscrivi e fai sottoscrivere l’Appello lanciato sabato 18 maggio 2024 dalla Conferenza Nazionale per la riconquista di una scuola che istruisce

Si può sottoscrivere l’Appello al link:
https://forms.gle/mXqq66pMJZft5roSA

Manifesto dei 500, 18 maggio 2024

Una valanga di soldi, prima attraverso i PON, ora con il PNRR, è arrivata alle scuole negli ultimi anni.
Cifre enormi che non sono mai state disponibili per ridurre il numero degli alunni nelle classi, per aumentare gli stipendi dei docenti che sono tra i più bassi d’Europa, per stabilizzare i precari, per rendere sani e sicuri gli edifici, sono improvvisamente apparse. Un calcolo molto approssimativo ci dice che ad oggi, solo per il PNRR, un solo Istituto Comprensivo può aver ricevuto più di 500.000 euro. Sommati ai vari PON
e alle tranche di PNRR ancora in arrivo si può superare il milione per istituzione scolastica!

Un grande mercato di agenzie, “formatori”, strumenti tecnologici, esperti esterni si è messo in moto. Con quale risultato?
Chi è legato alla didattica, al rapporto formativo ed educativo con la classe, ad un curricolo organico da portare avanti con coerenza, non può che constatare
come questo enorme mercato abbia portato con sé una frammentazione dell’insegnamento e una burocratizzazione sempre più pervasiva. Ciò finisce
per alimentare una “formazione” a spot, a finestre perlopiù decontestualizzate, ad un rapporto con la cultura fatto – quando va bene – di micro- competenze sprovviste di un quadro d’insieme.

Il docente che ama il proprio lavoro, la disciplina che insegna, che ama svilupparla nel rapporto con gli alunni, si trova sempre più intralciato, ingessato da meccanismi burocratici assurdi, sostituito da esperti esterni, con la classe che viene divisa,
smembrata. Quelli che fino a pochi anni fa erano progetti complementari ad un percorso didattico strutturato e uguale per tutti, gestiti in modo semplice, son diventati un vero e proprio tumore che tende ad allargarsi e a devastare la scuola, la professione insegnante, la comunità scolastica. Il tempo per insegnare e permettere agli allievi di
instaurare un libero rapporto con la cultura attraverso le discipline viene a mancare. Questo “tempo che manca” e questa scuola a progetti-spot, dall’Infanzia alla Secondaria, portano già oggi a rimettere in causa il saper leggere e scrivere, la
conoscenza della storia, della geografia, delle basi scientifiche, delle arti. Si può dire senza timore di essere smentiti che questo sistema rimette in causa non solo la conoscenza e la cultura, ma anche quelle competenze che tanto sono state nominate negli ultimi due decenni.

Abbiamo sentito per anni parlare di scuola inclusiva ed ora assistiamo sempre più spesso ad una scuola che esclude, attraverso gruppi selezionati, attività per pochi, differenziazioni. La pretesa di mettere al centro “la persona”, “l’individuo”, si sta rivelando per ciò che nascondeva: una scuola che “instrada” i ragazzi sulla base delle promesse e delle esigenze di un mercato del lavoro che nel giro di qualche mese
può cambiare e tradire ogni aspettativa. In questo contesto anche le forze armate si affacciano per reclutare i ragazzi.
È il significato stesso di scuola che viene rovesciato: da luogo che – nella prospettiva dell’art. 3 della Costituzione – dovrebbe dare a tutte e a tutti le basi dell’emancipazione, sta diventando una scuola che nega gli strumenti per raggiungerla.
È significativo come la parola “insegnante” non appaia più nei progetti PNRR, sostituita da “esperto”, “tutor”, “organizzatore”, mentre la libertà d’insegnamento (costituzionalmente riconosciuta) subisce un attacco, sia perché sempre più spesso il docente si trova sotto la pressione di altre istanze, sia perché i metodi e gli strumenti
(perlopiù tecnologici) vengono imposti, sia perché si mina alla base il terreno nel quale questa libertà acquista tutto il suo senso: il rapporto con la disciplina e quello con gli alunni e la classe.

Gli insegnanti vedono così rientrare dalla finestra ciò che a più riprese avevano respinto con la mobilitazione: il “salario al merito” (Berlinguer 2000, Gelmini 2010, Renzi 2015) e la chiamata diretta dei docenti (Renzi 2015) penetrano con una differenziazione salariale ottenuta attraverso funzioni che non riguardano l’insegnamento e che lo attaccano, nonché con i “bandi” per selezionare
esperti, associazioni, no-profit che hanno la pretesa di dire ai docenti che cosa fare, o perfino di farsi da parte.

Gli organi collegiali vengono scavalcati e ridotti a luoghi di ratifica di decisioni assunte altrove, sotto la pressione di frasi come “non vorremo mica rinunciare a queste cifre” o “lo facciamo per i ragazzi”, veri Cavalli di Troia immessi ad arte.

Riuniti oggi a Torino in “Conferenza Nazionale per la riconquista di una scuola che istruisce”, noi ci rivolgiamo a tutte le forze politiche, sindacali, di difesa della scuola pubblica: questo modello di “non-scuola” va fermato, è urgente rimettere al centro una scuola fondata sulle discipline, sull’organicità della progressione didattica, sul rapporto stabile tra docenti e allievi nella classe, sulla libertà d’insegnamento fondata su programmi uguali per tutte le scuole, che possa restituire l’uguaglianza dei diritti delle allievi e degli allievi.

Se ciò non avvenisse, i danni sull’apprendimento e sulla formazione che già vediamo non si potrebbero più correggere. A poco a poco, le discipline verrebbero mescolate in una vuota “multi-” o “interdisciplinarità” nella quale sciogliere pillole di micro argomenti decontestualizzati con il risultato, ormai fin troppo evidente, di disorientare i giovani
per renderli persone sfruttabili e manipolabili. Le stesse cattedre potrebbero a poco a poco essere sostituite da “esperti” esterni, chiamati a progetto, per qualche mese, sul modello dei medici a gettone che sta devastando la sanità.

Se la scuola a progetti (PNRR e non), con i tutor e gli orientatori, non viene fermata, la libertà d’insegnamento, base della democrazia e di una vera libera cultura, già oggi attaccata, verrebbe annullata.
E se in questo contesto dovesse essere applicata l’Autonomia differenziata, allora saremmo davvero i fronte alla frantumazione-privatizzazione totale del sistema.

Un’altra strada esiste: la valanga di soldi che improvvisamente è apparsa nella scuola deve essere utilizzata in tutt’altro modo.
Innanzitutto, aumentando gli stipendi di tutte le docenti e di tutti i docenti, in particolare quelli che insegnano nelle classi e che vogliono continuare a farlo; poi, riducendo il numero degli alunni nelle classi e concedendo tutti i posti richiesti, compresi quelli per il vero Tempo Pieno con le compresenze; quindi, rendendo sani e sicuri gli edifici scolastici; infine, “last but not least”, stabilizzando i precari e adottando finalmente una politica di programmazione delle assunzioni in ruolo in grado
di coprire tutte le cattedre attraverso seri concorsi, eliminando il mercato dei “crediti” che ormai valgono molto di più di una laurea.

Prima che sia tardi, stop alla scuola a progetti! Tutti i soldi dei PON e del PNRR per le esigenze reali, per una scuola che sia davvero di cultura e conoscenza, per difendere e rilanciare la professione insegnante e il futuro dei giovani!

Scarica, diffondi, sottoscrivi e fai sottoscrivere l’Appello lanciato sabato 18 maggio 2024 dalla Conferenza Nazionale per la riconquista di una scuola che istruisce

Si può sottoscrivere l’Appello al link:
https://forms.gle/mXqq66pMJZft5roSA

Manifesto dei 500, 18 maggio 2024

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