Il nuovo che avanza: il debate
Una delle didattiche all’ultimo grido è il debate. Questa didattica alla moda prevede che il docente scelga un argomento, magari di attualità, e gli studenti recitino la loro parte in un dibattito.
«Il futuro sarà come sono le scuole di oggi»
Una delle didattiche all’ultimo grido è il debate. Questa didattica alla moda prevede che il docente scelga un argomento, magari di attualità, e gli studenti recitino la loro parte in un dibattito.
Ci sono ancora dirigenti scolastici capaci di una profonda visione d’insieme, ancorata all’idea di scuola come luogo di cultura.
La parola “difficoltà” sembra diventata una parolaccia, quando si parla di scuola e di apprendimento. Ma il Paese dei Balocchi continua a non esistere.
Riproponiamo qui un recente intervento del dirigente scolastico Paolo Cortese, pubblicato su La Stampa di Torino. Egli condivide diverse idee che ispirano il Gessetto.
Il successo: a volte può essere un criterio di valutazione del percorso intrapreso che si rivela ingannevole.
Troppi insegnanti hanno introiettato e diffuso nella scuola un’ideologia moralistica che infesta anche la vita collettiva, impedendo la realizzazione di una società più giusta e meglio funzionante.
Sottoponiamo all’attenzione dei nostri lettori l’ultimo lavoro del neuropsichiatra infantile Narciso Mostarda, “La società adolescente: Padri e figli al tempo dell’identità smarrita”, ediz. Rubbettino 2025 – pagg. 99, costo € 13,00.
Dire che la scuola degli ultimi 25 anni è diventata una scuola di classe parrebbe uno sproposito. Vediamo come e perchè.
Il supercomputer controllava e dirigeva tutte le attività vitali di Novaterra, un sistema sociale ed economico che era riuscito a realizzare uno dei grandi sogni dell’umanità: la fine del lavoro e di ogni tipo di fatica. I misoneisti erano stati sconfitti da anni. Ma un giorno…
L’insegnante ha grandissime responsabilità, e può certamente sbagliare, ma non tutto dipende da lui.
L’occidente (e la scuola) è in preda ad una furia patologizzante, che crea etichette emotive e psicologiche là dove solo pochi decenni fa c’erano le ineluttabili difficoltà della vita. Tutto ciò però non ha reso le persone più forti e capaci di affrontare il quotidiano.
È possibile pensare i cambiamenti intervenuti nella scuola italiana senza farsi ubriacare dai freddi dati, dai numeri delle statistiche e dalla pseudoscienza? Certamente sì. Le testimonianze sono ricche di note significative, e soprattutto fanno parlare le vecchie priorità, oggi sommerse da una giostra di obiettivi confondenti.
Presentiamo, a partire da oggi, alcune utili definizioni che accompagnano l’importante opera “Le scuole di cui abbiamo bisogno e perché non le abbiamo” di E. D. Hirsch, pubblicata nel 1996
Un confronto su cui riflettere: un’italo-spagnola ora insegnante nella scuola svedese ricorda il proprio percorso di studi nel paese dove è cresciuta.
Non è così infrequente che adulti e insegnanti si aggrappino a un’idea confusa di amore per sostenere la necessità di rendere la vita scolastica più facile del dovuto
Basta burocrazia! (Per brevità)
L’essere umano – si dice oggi – è resiliente: ma la sua resilienza va ben coltivata, altrimenti è perduta
Quale peso devono avere la metodologia o la psicologia nella formazione dell’insegnante? E la conoscenza della disciplina?
Si può certo apprendere con divertimento, con piacere (il piacere della scoperta riguarda anche gli scienziati); ma bisogna anche acquisire la capacità di lavorare (l’apprendimento è il mestiere dello studente) quando l’attività sia meno o per nulla divertente
L’atto di correggere è vissuto da troppe persone come una violenza sugli allievi. Con quali risultati?
Molti chiacchierano di “compiti di realtà”: ma non è realtà apprendere prima ciò che serve al dopo?