Il quizzone
Da molto tempo ormai si vuole minare l’autostima e la professionalità degli insegnanti per renderli docili esecutori di tutto ciò che viene calato dall’alto.
«Il futuro sarà come sono le scuole di oggi»
Da molto tempo ormai si vuole minare l’autostima e la professionalità degli insegnanti per renderli docili esecutori di tutto ciò che viene calato dall’alto.
Progetti, progetti e ancora progetti. Insegnare a leggere e a scrivere non è più così importante. Fare lezione è ormai diventato un optional. Largo agli esperti che utilizzano un lessico incomprensibile. Gli insegnanti che non insegnano sono considerati i migliori mentre gli studenti sono sempre più ignoranti.
Molti guru della nuova scuola propongono soluzioni la cui ambizione va al di là della banale didattica, e si configurano invece come superamento stesso della contingenza routinaria. Ma che cosa significa? Domandatelo a loro.
Un gruppo di insegnanti da alcuni mesi sta mettendo in circolazione alcune strane idee sulla scuola, mettendo a rischio la serenità di studenti e famiglie.
Ci sono differenze innegabili tra le culture e dunque anche nel modo di intendere l’insegnamento e la scuola
Ma chi l’ha detto che l’educazione civica è una materia, importante quanto le altre?
Ma chi l’ha detto che la grammatica, le tecnologie del legno e la fisica dei quanti non siano di per sé molto civiche ed educative?
Sono stufo marcio del ricatto per cui, dal momento che nessuno li educa più a nulla, la scuola sia tenuta a sovraccaricare gli studenti di chiacchiere inutili.
Possiamo fare qualcosa, oltre a lamentarci e subire?
Le pressioni che subisce un insegnante che voglia, in coscienza, dare un’insufficienza in pagella sintetizzate in racconto breve, ironico ed amaro di una nostra lettrice.
Su un punto siamo tutti concordi: i risultati scolastici, in termini di apprendimenti, sono calati negli ultimi trenta anni. Le teorie per spiegare il tracollo fioccano, ma qui vorrei riflettere su una delle conseguenze future.
Il ministro Valditara riconosce i risultati disastrosi della scuola italiana e propone le Nuove Indicazioni Nazionali come rimedio.
La scuola è un luogo dove per molto tempo sono state distillate pratiche efficaci che la velleità scientifica non può pensare di spazzare via: se non facendocene pagare i costi enormi.
Nonostante quello che sostengono diversi psico-pedagogisti, le nozioni sono necessarie per sviluppare le competenze e le competenze prive di conoscenze non sono che scatole vuote, ombre inconsistenti ed illusorie, retorica priva di fondamento.
Non è che i progetti o le attività non insegnino nulla, ma non insegnano quello che è prioritario: cioè le conoscenze fondamentali su cui costruire tutto il resto
Un prof di lettere sprofondato sulla poltrona del proprio salotto e immerso nella lettura di un classico giova molto di più ai suoi studenti del prof ‘currens’, di quello, cioè, che si affanna per organizzare progetti transdisciplinari o stage promozionali. Sto bestemmiando?
Il Gessetto riceve lettere relative ad esperienze professionali in cui ci si può rispecchiare. Bisogna restare uniti nella consapevolezza della fase che stiamo attraversando.
Oggi viene chiamato IPIA, e forse la scomparsa della parola “Stato” nell’acronimo sottolinea, in maniera quasi ridondante, come queste strutture vengano oramai abbandonate da Roma a loro stesse, tra i flutti di un lassismo oramai dilagante, ed imperante.
L’insegnante ha grandissime responsabilità, e può certamente sbagliare, ma non tutto dipende da lui.
La burocrazia potrebbe anche essere utile ed avere un senso se non diventasse autoreferenziale, scollegata dalla realtà e il fine del sistema invece che uno dei suoi mezzi per realizzare i propri scopi.
Le Nuove Indicazioni Nazionali anticipate dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara lasciano sperare che qualcosa si stia muovendo.
Come migliorare i curricoli di studio relativi ai vari ordini di scuola? Non è troppo difficile.
Un tot di disciplina e di severità serve prima di tutto ai ragazzi, altrimenti in balia delle proprie pulsioni.
Non ci si può sempre nascondere dietro ad argomenti di qualche peso, che però evitano il bersaglio principale: l’evidente abisso che separa le valutazioni ordinarie delle scuole da quelle dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione.
Fa sempre bene collocare quel che accade nella nostra scuola all’interno di un orizzonte più ampio, altrimenti non si uscirà mai dal provincialismo più passivo.
È possibile pensare i cambiamenti intervenuti nella scuola italiana senza farsi ubriacare dai freddi dati, dai numeri delle statistiche e dalla pseudoscienza? Certamente sì. Le testimonianze sono ricche di note significative, e soprattutto fanno parlare le vecchie priorità, oggi sommerse da una giostra di obiettivi confondenti.
Sembra che ogni insegnante possa dire e fare quello che vuole. Significa pluralità e libertà di insegnamento? Non direi, altrimenti saremmo liberi anche di programmare secondo la nostra coscienza e di dichiararlo. Per come la vedo io, abbiamo perso la bussola.
Finalmente si è fatta chiarezza sulla definizione esatta di conoscenza, abilità e competenza. O forse no?
Dietro le scempiaggini scritte o dette dagli studenti si cela un mondo caratterizzato dall’ignoranza e dall’arroganza di un popolo che sta perdendo la propria stessa cultura riuscendo sempre meno a trasmetterla alle future generazioni.
La natura è ambigua e non può guidare l’educatore.